Il federalismo europeo contro ogni sovranismo

Per rispondere alle sempre più urgenti sfide globali, il progetto di federalismo europeo promosso da Alexander Langer e da David Sassoli si scontra con le vecchie e nuove sirene del sovranismo

Nonostante le traiettorie politiche diverse, sono molti i punti di contatto tra Alexander Langer e David Sassoli, come sta emergendo da questo progetto. Il filo rosso che li unisce è sicuramente lo sforzo di elevare la risoluzione dei problemi della contemporaneità a livello europeo, che si tratti di pace, di ambiente o di qualsiasi altro tema tangibile nella vita di ogni cittadino e cittadina del continente. Ecco perché, se la risposta è più integrazione, la nemesi del sovranismo è il federalismo europeo. Una grande impresa che si oppone radicalmente a un’ideologia miope, incapace di rispondere alla complessità delle sfide globali e pericolosa nel mettere gruppi di persone gli uni contro gli altri.

Europa Satellite


Quali insegnamenti trarre

Le sirene del sovranismo, sia per Langer sia per Sassoli, si affrontano con lo studio del passato, con l’analisi del presente e con un progetto che superi le contraddizioni dei nazionalismi divisivi. Lo scriveva nel 1991 su Comuni d’Europa il politico e attivista altoatesino, partendo dagli insegnamenti che l’Europa doveva trarre “dalla disgregazione jugoslava, dall’esperienza baltica e dalla dissoluzione dell’impero sovietico-zarista”, così come “dai risorgenti rigurgiti di antiche o recenti domande di autoaffermazione etnica o nazionale, che possono affacciarsi dovunque, dalla Scozia al Sudtirolo, dalla Transilvania alla Catalogna”. Allargando il quadro, un’analisi sul “disagio che ormai non poche strutture falsamente nazionali o insufficientemente sovra-nazionali ingenerano“.

L’alternativa all’emergere di “pericolosissime spinte all’esclusivismo etnico” o di dispute sui confini può essere superata “solo rendendo tali confini sempre meno incisivi e facilitando la ripresa di antichi rapporti di comunanza storica, culturale, linguistica ed economica, amputati spesso dalla logica di potenza degli Stati nazionali”. Superare il nazionalismo per sradicare il germe dei conflitti inter-etnici o inter-statuali. Quale alternativa mettere però in pratica? “Un’Europa unita e federalista” che “dovrà saper essere fantasiosa nel ridisegnare la mappa dei tessuti regionali“, ovvero un nuovo assetto in cui gli Stati nazionali “via via si stemperino nella loro sovranità ed esclusività” e che lasci spazio alla “vocazione pluri-lingue e pluri-culturale” delle regioni europee.

Si può dire che, oggi come allora, l’Europa si trova davanti a un “bivio cruciale”, che Langer descriveva così: “Dobbiamo scegliere tra la routine dei piccoli passi verso una più compiuta Europa dei 12+ (cioè più qualcuno che sarà via via ritenuto degno di entrare in questo club), sempre però ancora dominata dalla logica degli Stati nazionali tra loro più o meno confederati, o viceversa una decisa svolta in avanti verso un’Unione dell’Europa democratica, che ovviamente non può più partire dal carbone, dall’acciaio, dal nucleare, dalle sovvenzioni agricole, dall’economia o dalla comune moneta europea, ma che dovrà basarsi sul comune patrimonio storico e culturale, sui comuni valori dei diritti umani e della democrazia“. Stava descrivendo l’erede della Comunità Europea, l’Unione Europea, che tuttavia non è ancora arrivata a quella completezza.

Langer parlava del futuro dell’Unione Europea, di un federalismo europeo che è ancora nel nostro orizzonte e che si basa su tre richieste. Primo, l’accelerazione del processo di integrazione con il primato dell’Unione politica sul mercato comune. Secondo, il riconoscimento della “reale unità” basata sulla comune eredità storica e culturale, più che sulle “presunte ragioni” di omogeneità socio-economica. Terzo, “che l’Unione Europea si faccia in termini davvero federalisti“, in modo che la mappa di poteri, competenze e autonomie sia ridisegnata “verso il basso” (autonomie locali e cittadinanza) e “verso l’alto” (l’Unione Europea e la federazione), mettendo al centro la “maturazione delle regioni europee”.

Alexander Langer


La cittadinanza europea

Che l’antidoto al sovranismo sia il federalismo lo sapeva bene anche Sassoli, non a caso membro del Movimento Federalista Europeo. Una convinzione emersa con chiarezza in diversi appuntamenti da presidente del Parlamento UE. Ne è stato un esempio il discorso in occasione della consegna del premio La Chiave d’Europa nel febbraio del 2020: “Quello che dobbiamo fare è rafforzare la cittadinanza europea, abbassare il tasso di nazionalismo e investire sulla cittadinanza“. Per Sassoli era urgente la richiesta di “un’Europa più forte e naturalmente il nostro sguardo deve essere rivolto ai giovani, perché saranno loro i protagonisti di un mondo in cui dialogo e confronto dovranno prevalere su conflitti e dissidi”. Sono questi i punti di riferimento di una politica europea “che riesca a dare cittadinanza e integrazione, che riesca a riformare queste istituzioni”, per fare dell’Unione “un soggetto inserito in un mondo globale e globalizzato”.

Parlando di riforma delle istituzioni comunitarie, di cittadinanza e di integrazione europea, non si può prescindere dalla questione della Conferenza sul Futuro dell’Europa, patrocinata e voluta fortemente dall’allora numero uno del Parlamento UE e i cui frutti si stanno iniziando a cogliere proprio ora. Un dialogo inter-istituzionale sulla riforma dei meccanismi che regolano l’Unione, con la presenza e la partecipazione diretta proprio dei cittadini dei 27 Paesi membri: “Vogliamo che questo venga fatto con le istituzioni nazionali, ma soprattutto in un percorso di ascolto dei cittadini”, aveva commentato Sassoli subito dopo il via libera dalla plenaria del Parlamento UE nel gennaio 2020. Una nuova fase costituente, “non predeterminata, ma di grande impulso, perché abbiamo bisogno che la democrazia funzioni e che sia utile ai cittadini“, secondo le richieste che arrivano dal basso: “Un’Europa diversa, più vicina ai loro bisogni, alla loro vita, più verde, più rigorosa nella difesa dello Stato di diritto, più attenta ai diritti sociali e più trasparente nei processi decisionali”.

A due anni di distanza, il 9 maggio 2022 – Giorno della Festa dell’Europa – quell’esercizio di democrazia partecipativa della Conferenza sul Futuro dell’Europa è arrivato a compimento. E, anche se la parola “federalismo” non compare, è tangibile la sensazione che i cittadini comunitari abbiano bisogno e chiedano più integrazione, un vero cambio di passo verso un’Unione più politica: dalle liste transnazionali per l’elezione degli eurodeputati all’abolizione del voto all’unanimità in seno al Consiglio (come in politica estera), dalla creazione di un esercito comune per scopi difensivi al diritto di iniziativa legislativa del Parlamento Europeo. Un momento decisivo per una riforma dei Trattati dell’UE, una nuova tappa nella storia dell’integrazione europea, che contribuisca a mettere a tacere le sirene di un sovranismo antico, divisivo e dannoso.

David Sassoli Cofoe
Da sinistra: l’allora presidente di turno portoghese del Consiglio dell’UE, Antonio Costa, l’allora presidente del Parlamento UE, David Sassoli, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, alla firma della Dichiarazione congiunta sulla Conferenza sul Futuro dell’Europa (10 marzo 2021)