La forza pacifica dell’Unione Europea

L’Unione Europea si sta ritagliando un ruolo di attore di pace sullo scacchiere internazionale, attraverso messaggi politici chiari e dimostrazioni di sostegno tangibile all’Ucraina aggredita dalla Russia. Una trasformazione geopolitica che risponde alle passate richieste di Alexander Langer e che si è concretizzata con l’erede di David Sassoli

Pace, esercito, crimini di guerra. In queste settimane il Progetto Langer Sassoli è stato assorbito dall’invasione russa dell’Ucraina, con diverse riflessioni a partire dalle idee dei due protagonisti di questo cammino, Alexander Langer e David Sassoli. Sono spunti che arrivano dalle esperienze passate, ma che hanno comunque un riflesso sulla situazione contingente e sull’elaborazione di un pensiero critico sul presente che stiamo vivendo. In modo sempre teorico, ma più che mai incisivo anche a livello pratico, questo esperimento può essere fatto anche su un altro tema: il ruolo dell’Unione Europea come forza di pace. Un esperimento un po’ ardito, da un certo punto di vista, considerato il fatto che la riflessione parte da un atto parlamentare di Langer e si sviluppa con un gesto potente e concreto da parte dell’erede istituzionale dell’ex-presidente Sassoli. Ma ne vale la pena.

Metsola Ucraina
La presidente del Parlamento UE, Roberta Metsola, e dell’Assemblea ucraina, Ruslan Stefančuk (Kiev, primo aprile 2022)

Dov’è l’Europa di pace?

La traiettoria della definizione di un’Unione Europea come attore di pace inizia il 23 gennaio 1991, con l’intervento di Langer alla sessione plenaria del Parlamento UE a Strasburgo. “Ogni comunità, ogni aggregazione si caratterizza essenzialmente in riferimento agli scopi che si propone e alle sfide cui risponde“, sottolineava il politico di Vipiteno/Sterzing, facendo riferimento alla guerra in Iraq. “La nostra Comunità non è riuscita a fare il suo salto di qualità con una comune politica di pace”, invischiata in una guerra “che ha visto alcuni membri allinearsi precipitosamente e zelantemente con gli Stati Uniti, alcuni altri muoversi in ordine sparso, altri ancora sostanzialmente eclissarsi”.

Il problema principale è stata la “mancanza di una politica estera comunitaria che delineasse un protagonista fermo ma pacifico, con una sua proposta e una sua iniziativa”. Di fronte a questa assenza, in senso assoluto, “come meravigliarci se né i popoli e i Paesi arabi, moderati o radicali, né Israele, né gli Stati Uniti riconoscano nella Comunità un protagonista autonomo, forte e dunque credibile?” La risposta non può essere nella militarizzazione, nel “conquistarsi i galloni sul campo, ossia con la guerra”, quando nello stesso tempo “non siamo stati capaci di sviluppare la qualità politica e democratica della Comunità”.

Quasi sconsolato, Langer diceva che “c’è, ma forse ormai bisognerebbe dire ‘c’era’, un forte bisogno d’Europa proveniente dai nostri popoli”. Un’esigenza per un’Europa “capace di essere diversa e autonoma”, non avversaria degli Stati Uniti, ma neanche arrendevole nell’appiattirsi alle scelte di Washington: “L’Europa subalterna e con l’elmetto non saprà dare un efficace contributo a favore di un nuovo ordine internazionale”. A meno che “non vogliamo affidare questa prospettiva, d’ora in poi, alla forza delle armi, alla cosiddetta polizia internazionale”, piuttosto di spingere con tutte le forze su “un ordine giusto e per questo convincente”.

Alexander Langer UE


Il coraggio dell’erede

C’era, e forse ormai bisognerebbe dire c’è, un forte bisogno d’Europa. L’ex-presidente del Parlamento UE Sassoli aveva spiegato bene come per il progetto di pace dell’Unione Europea valesse la pena di spendersi fino in fondo, anche a costo di entrare in rotta di collisione con Stati illiberali e autocratici come la Russia di Vladimir Putin. Sassoli non ha visto scoppiare questa guerra, ma nessuno può avere dubbi sulle prese di posizione e le azioni significative che avrebbe intrapreso. A raccogliere il testimone ci ha pensato la sua erede istituzionale e successora alla carica di leader dell’Eurocamera, Roberta Metsola, con un coraggio che ha incarnato tutto ciò per cui il presidente Sassoli si batteva.

Venerdì primo aprile la presidente del Parlamento UE si è recata in visita di persona a Kiev, nonostante tutti i rischi di un viaggio nel territorio ucraino invaso dall’esercito russo dal 24 febbraio scorso. Metsola è stata la prima alta carica istituzionale dell’Unione Europea a compiere questo passoemulata solo il venerdì successivo (8 aprile) da Ursula von der Leyen e Josep Borrell – per portare un messaggio di solidarietà al popolo ucraino, di sostegno da parte di tutta l’UE contro l’aggressione e di tentativo di risolvere la guerra attraverso uno sforzo diplomatico e di pace. Un viaggio pericoloso, considerato quanto un’alta carica UE possa essere in un territorio di guerra, ma motivato dal fatto che “era necessario portare fisicamente il nostro messaggio e mostrare che siamo al loro fianco in questi tempi bui”, ha spiegato Metsola agli eurodeputati in plenaria a Strasburgo. Qualcosa di “significativo per gli ucraini, che stanno combattendo per i nostri valori, nelle condizioni più impossibili”.

Tre promesse. Questo è stato ciò che ha portato con il proprio corpo la presidente Metsola a Kiev. “Sono qui perché tutta l’Unione Europea è con voi e sostiene la vostra lotta, la vostra aspirazione all’adesione all’Unione e la ricostruzione del vostro Paese dopo la guerra”. Promesse irreversibili, un “messaggio di speranza”, pronunciato là dove Metsola ha rischiato di mettere in pericolo la propria sicurezza personale, ma per esprimere tutta la necessità di far tacere le armi per ricominciare con un nuovo progetto di pace. Un “testamento per le democrazie parlamentari e i diritti fondamentali“, che si declina nei tre impegni presi con l’Ucraina. “L’invasione criminale di Vladimir Putin lo mette in contrasto con il mondo, non vi abbandoneremo nella vostra lotta“, ha assicurato Metsola, che ha promesso che l’UE s’impegnerà a “ricostruire il vostro Paese quando la guerra sarà finita“, anche per “far ritornare nelle proprie case i cittadini ucraini che hanno trovato rifugio da noi”. E infine, nel progetto di pace dell’Unione Europea c’è spazio anche per l’Ucraina: “Riconosciamo le vostre aspirazioni per l’adesione e potete contare su di noi per arrivarci”.